Sono bastate 4 partite per celebrare il funerale del Napoli di Ancelotti. Difatti, dopo la sconfitta interna contro il Cagliari, gli azzurri hanno infilato una striscia negativa di brutte prestazioni, con la magra vittoria sul Brescia ad “annunciare” i due 0-0 di Genk e Torino. Al termine di questi opachi 10 giorni i detrattori del Napoli si sono scatenati, dando in pasto alle feroci critiche allenatore, società ed alcuni elementi della rosa.
Sono dunque servite 4 prestazioni di scarso mordente per distruggere quanto di buono fatto dalla formazione allenata dal mister ex Milan. A meno di un mese dalla straordinaria vittoria sui campioni d’Europa del Liverpool, per il Napoli si parla già di fallimento, di esonero del tecnico e di ciclo da rifondare ad iniziare dall’attacco, guidato dall’inadeguato Milik e dal “pacco” Lozano, sbranato dall’opinione pubblica partenopea dopo appena 7 partite. Ma andando per grandi, è pur vero che i partenopei hanno perso la bussola dopo il k.o. contro il Cagliari: questa sconfitta, arrivata dopo le convincenti vittorie su reds e Lecce, è come se avesse tolto certezze al gruppo, inceppando un meccanismo che stava iniziando a funzionare in modo ottimale. Alla sconfitta contro i sardi il Napoli ha fatto seguire la vittoria sul Brescia (grande primo tempo, ripresa in affanno anche a causa di una serie di defezioni difensive molto penalizzanti), il pari di Genk (con Milik finito sul banco degli imputati) e ancora un pareggio contro il Toro, risultato che nell’arco di una stagione ci può stare ma che in questo periodo storico degli azzurri è stato accolto come una debacle totale.
Il Napoli di questo periodo non sta certamente brillando: dopo l’inizio vorticoso (7 gol fatti e 7 subiti nelle prime due), la squadra sembra aver deciso di badare prima a non prenderle, chiudendosi nel fortino di cui ha parlato lo stesso Ancelotti e trascurando la costruzione della manovra e la fase offensiva che tanto spettacolo aveva dato nelle prime uscite stagionali. Di contro la squadra ha blindato la porta di Meret, subendo soltanto 3 reti nelle restanti partite fra A e UCL. A questa mancanza di equilibrio fra le due fasi, la squadra sta patendo una difficile gestione mentale dei momenti salienti (tanti gli errori dei singoli fra fase offensiva e difensiva) e forse qualche malumore di spogliatoio a causa del massiccio turnover attuato da Ancelotti.
In una situazione certamente non semplicissima il Napoli è comunque riuscito a mettere insieme 13 punti, piazzandosi al quarto posto in classifica a 6 punti dalla capolista Juventus. In Champions la situazione è ancora migliore: primo posto con 4 punti, porta imbattuta e scontro diretto col Liverpool a favore. Un contesto generale che nei risultati non giustifica minimamente il clima di De Profundis in cui è sprofondato l’ambiente. I problemi da correggere sono molteplici, in primis l’assenza cronica di continuità (durante il corso della gestione Ancelotti non si è mai andati oltre un filotto di massimo 3 vittorie consecutive) e la mancanza di verve in zona offensiva, ma le contestazioni piovute sulla squadra e principalmente sul mister sembrano perlopiù pretestuose e scagliate da chi stava attendendo “il cadavere del nemico sulla riva del fiume”.
Ancelotti, pur con le dovute critiche quando necessarie, deve poter lavorare senza i fucili puntati addosso. Il Napoli, seppur attardato, resto in corsa per tutti gli obiettivi e non si può già porre la pietra tombale su una squadra dalle risorse importanti e che deve solo ritrovare la fiducia nei propri mezzi. Per i funerali, o le celebrazioni, ci sarà tempo.