Il poker esterno rifilato al Midtjylland ha una doppia valenza: non soltanto consente al Napoli di ipotecare seriamente il passaggio ai sedicesimi, ma suggerisce da qui a Natale di puntare gran parte delle risorse a disposizione, sia atletiche che psicologiche, alla rincorsa alla vetta. Il margine sul terzo posto nel gruppo D, occupato a pari merito dalle deludenti Legia Varsavia e Bruges, è di otto punti dopo tre partite e nel girone di ritorno gli azzurri sono attesi da due match point casalinghi contro danesi e polacchi.
Un successo al San Paolo fra due settimane, nella rivincita della sfida di Herning, garantirebbe al Napoli la certezza aritmetica di passare come prima con 180 minuti ancora da giocare. Ergo, bisogna pensare al campionato, specie al filotto di cinque partite che attende gli azzurri con altrettante “provinciali”. Una tipologia di avversarie da sempre indigesta e con le quali in stagione non sono ancora arrivati i tre punti: un ko al debutto in casa del Sassuolo (ma con un undici ben diverso da quello delle ultime uscite) e tre pareggi, tutti piuttosto deludenti, contro Sampdoria, Empoli e Carpi. Tre punti su dodici ed un bilancio di cinque gol fatti e ben sei subiti.
Il calendario dice Chievo, Palermo, Genoa, Udinese e Verona prima della sfida con l’Inter del 29 novembre. Cinque esami di maturità, a partire dall’insidioso posticipo di domenica in casa degli scaligeri (che tanto provinciali non sono, visti i 12 punti in classifica). Cinque montagne da scalare per sapere se davvero questo Napoli può ambire a qualcosa in più di un onorevole (oltre che remunerativo) piazzamento Champions, se davvero può azzardarsi a pronunciare una parola mistificata da 25 anni di frustrante attesa.