In queste settimane tiene banco la questione Maurizio Sarri. Il tecnico originario di Bagnoli sta raggiungendo vette incredibili con il Napoli in questa stagione: al momento la squadra si trova al 1° posto in campionato, riuscendo a coniugare ai risultati un gioco oltremodo soddisfacente, tanto emblematico da coniare addirittura un termine, il Sarrismo. La filosofia del mister fatta di Tiki-Taka, pressing continuo, possesso palla asfissiante e tanto sacrificio, ha inevitabilmente attirato le mire dei grandi club europei vogliosi di vedere quel “calcio totale” all’interno dei propri stadi. Negli ultimi giorni la stampa si è scatenata per quanto riguarda i club interessati all’allenatore: troviamo il Chelsea in prima linea per il dopo Conte; il PSG del multimiliardario Al Khelaifi, ai ferri corti con Emery; la giovane Arsenal; il roccioso Atletico Madrid e infine il Galactico Real Madrid, visti i risultati precari di quest’ultima stagione con Zidane. Chiaro che società così blasonate e soprattutto con liquidità non indifferenti spaventano la tifoseria partenopea, mai come ora minacciata dalla parte più spietata del calcio moderno: il capitale innaturale, non pareggiabile da De Laurentiis, e i benefici che qualsiasi individuo (nel caso specifico Sarri) può trarre da esso.
Nella peggiore delle ipotesi in cui il mister toscano decidesse di non continuare sotto l’ombra del Vesuvio, ci siamo chiesti: quale profilo potrebbe sostituirlo al meglio? Mai quesito fu più arduo. Rimanendo tra i confini italici, risulta difficile trovare una guida tecnica dalla filosofia simile a quella del toscano. Di sicuro ci sono ottimi allenatori, ma dal credo totalmente diverso. Avendo intervistato l’ex difensore azzurro Francesco Colonnese, la domanda su chi potrebbe sostituire l’ex Empoli in panca è risultata spontanea. Dopo qualche tentennamento, la risposta di Colonnese è stata: “Simone Inzaghi“.
Il tecnico della Lazio, per quanto abbia letteralmente rivoluzionato i biancocelesti e donato una vera e propria identità ai suoi, rispecchia forse quanto di più diverso ci sia dal Sarrismo. Il calcio d’Inzaghi, come quello di altri strateghi nostrani come Allegri e Gasperini, che prediligono un gioco “all’italiana” fatto di catenaccio, tattica prima della tecnica, contropiede, ecc, non si sposa col football ammirato da due anni e mezzo al San Paolo. L’armonia della manovra collettiva, il tener palla a tutti i costi pur di sfiancare gli avversari, non è una prerogativa di Lazio, Juventus e Atalanta (club in cui militano gli allenatori sopracitati). Dunque, se si vuole continuare per la strada dell’estetismo smisurato il problema rimane.
Qualche timido sprazzo estetico (per l’accezione che diamo al termine in questo articolo) è ravvisabile nella Sampdoria di Giampaolo, vera outsider di questo campionato e, per andare a ritroso, nel Foggia di De Zerbi qualche anno fa, in Lega Pro, a livelli decisamente più bassi; non a caso alla guida del Benevento l’ex trequartista dei partenopei non riesce neanche lontanamente a ripetere quel tipo di calcio data la situazione precaria in cui vertono i sanniti. All’estero ci sarebbe a spasso Tuchel, tedesco ex Borussia Dortmund che ha mostrato grandi cose nelle scorse stagioni o, per rimanere nella Ruhr, Bosz, esonerato proprio dai Schwarzgelben in questa stagione ma arrivato in finale di Europa League lo scorso anno con i giovanissimi dell’Ajax
Dubbi su dubbi; non potendo arruolare Guardiola o la buonanima di Cruijff (l’olandese è stato il primo a capire che facendo correre la palla e non, con le dovute riserve, il calciatore la manovra offensiva sarebbe stata molto più efficace) nel capoluogo campano non resta che sperare nella permanenza di Sarri, per continuare a crescere puntando sempre più in alto.