Corsi e ricorsi storici. La concezione della ciclicità della storia è applicabile anche al calcio. Perché certe storie sembrano rievocare in toto alcune immagini già vissute. Un autentico deja vu. Di nuovo, come all’andata. Contro il Sassuolo. Esito finale uguale ma chiaramente con dinamiche diverse. Ma il denominatore comune è sempre quello. Il Napoli soffre maledettamente con le cosiddette piccole. O presunte tali. Gli azzurri provano a scardinare l’ingranaggio organizzato ad hoc da Eusebio Di Francesco. Ma non riescono nel loro intento nella prima frazione di gara. Il bel gioco non sempre può portare alla vittoria. Talvolta bisogna essere più concreti, pur giocando male. È questo il tema ricorrente in queste settimane. Parole, pensieri che sembrano spazzate via dal gol di Dries Mertens. È il ventiduesimo in campionato. Il 27esimo stagionale. Ma è in quel momento che si spegne qualcosa. Forse inconsciamente gli azzurri credono di aver in mano le redini del match. E si rilassano. È un atteggiamento tipicamente bohèmien. Come quegli artisti, che consapevoli dei propri mezzi, conducono una vita disordinata. La proprietà transitiva applicata ai calciatori del Napoli è tangibile. Talvolta reiterata. Una sufficienza ostentata che può tramutarsi in errori censurabili. Come quello di Marek Hamsik, che nel tentativo di passare la palla ad un compagno, serve involontariamente Berardi. E per l’enfant prodige di Cariati è un gioco da ragazzi battere Reina. Già lo spagnolo. L’altro calciatore sul banco degli imputati. Trattato molto spesso come il capo espiatorio dei passi falsi del Napoli. Le (quasi) 35 primavere si fanno sentire sulle spalle del portiere iberico. Sono lontani i tempi in cui incantava Anfield Road. Lo spagnolo è stato un portiere di ottimo livello durante la sua carriera. Nell’ultima stagione ha mostrato segni di flessione, ma è ridicolo aprire un fascicolo d’inchiesta ad personam sul suo conto. Piuttosto bisogna ragionare sull’intera fase difensiva. E sull’equilibrio spesso latente nell’intera stagione. 35 reti subite in campionato sono troppe per una società che punta dichiaratamente alla vittoria della Serie A. Il problema è che non si può concedere un gol come quello realizzato da Mazzitelli. Il primo gol in Serie A arriva proprio contro gli azzurri. Qualcuno ha alzato il dito contro il fato. O la malasorte fate voi. Ma qui non è questione di prendere i curnicielli. È un mix tra errori ed ancora un’immaturità nel gestire alcuni momenti. Un’incapacità nell’affrontare le situazioni di vantaggio. Non bisogna essere autolesionisti. Le sviste arbitrali sono un contorno. Un fattore da tenere in considerazione, ma non il principale motivo del pari di ieri. È vero, ci sono state alcune situazioni abbastanza dubbie. Probabilmente in altri contesti sarebbe stato fischiato il rigore. Ma così non è stato. Non ci si può appellare ad un episodio né tantomeno ridurre il passo falso del Mapei solo alla direzione di Damato. Ci saranno i tempi ed i luoghi per esporre i propri reclami. Le proprie perplessità. Ma guai a pensare che senza il fischietto di Barletta il Napoli sarebbe tornato vincente dall’Emilia. Inciamperemo tutti in un errore madornale. Sarebbe stato un mascheramento dei reali problemi del Napoli. Quel tallone d’Achille ormai noto a tutti. Che è stato protetto contro Lazio ed Udinese. Con il problema del cleen sheet che sembrava illusoriamente risolto. Ma purtroppo è ancora ancora evidente. La vulnerabilità difensiva potrebbe compromettere la rincorsa dei partenopei al secondo posto. È per questo che non devono essere ammessi altri blackout.