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A volte
essere uomini buoni ed educati non basta. A volte, accanto ad un’idea precisa
di quello che si vuole e di dove si va bisogna aggiungerci un’anima sfacciata,
presuntuosa, persino attaccabrighe. Succede, sempre, nel mondo del calcio. Un
universo dove i valori sono sovvertiti, dove se accusi tutti e ti mostri
saccente, vieni additato come “grande comunicatore”; un universo dove se un
presidente ti attacca o ti impone certe cose devi avere il coraggio di
affrontarlo, a costo della panchina. Tutti gli altri verranno considerati “solo”
uomini buoni ed educati. È la strana storia di Donadoni, uno che in campo, con
la maglia numero sette del Milan faceva parlare i suoi piedi che anche se
ripetevano la stessa cosa (finta a rientrare), riuscivano ad essere sempre
convincenti. Uno che da allenatore stava per raggiungere un risultato storico
col Livorno, prima di essere silurato senza tanti fronzoli in diretta tv dal
vulcanico Spinelli. Uno che, a proposito di presidenti dal carattere focoso, è
stato esonerato da De Laurentiis con una di quelle carezze che possono fare
davvero male “Donadoni per me è una grandissima esperienza di vita”. Il più
beffardo degli “addii”.
Nello sport spesso la contraddizione è l’unica
regola, a volte devi farti odiare per essere rispettato e ricordato; e a volte
se sei un uomo buono sei destinato ad essere un uomo solo. Triste ma vero |