Un famoso detto popolare insinua il dubbio che, spesso, l’abbondanza sfami meno della carestia: chissà se ultimamente Carlo Ancelotti, osservando il suo attacco ora fin troppo pieno di soluzioni e alternative, non abbia pensato anche a questo.
Mertens, Insigne, Lozano, Milik, Llorente e persino il rampante Younes in perenne ricerca di visibilità: tutti in pista spesso per tre posti al massimo, visto che l’altro è preda dell’indispensabile “equilibratore” Callejon.
Una sovrabbondanza che fa specie soprattutto se si pensa che altri reparti come il centrocampo sono investiti dal problema opposto: un rifornimento fin troppo parco (con soli quattro giocatori di ruolo per un reparto che alterna schieramenti “a due” e “a tre”). Il ritardo di condizione evidente in cui versa Milik non ha impedito ad Ancelotti di provare il polacco a Lecce, ma la prestazione incerta della punta ha in un certo senso facilitato la scelta tre giorni dopo.
Il problema, però, si ripropone nuovamente e si contorna di nuovi dilemmi: ad esempio, la collocazione migliore di Lozano, che non sembra pienamente a suo agio come seconda punta, dove gode di meno spazi per esercitare il suo dribbling rispetto alla fascia e una delle sue qualità migliori, la forza nell’uno contro uno, non viene valorizzata a sufficienza. L’unico che sembra godere di una dimensione tattica stabile è Llorente, che però è anche l’attaccante più avanti con gli anni di tutto il roster.
Il vantaggio, ovviamente, è quello di avere almeno nel reparto offensivo una copertura finalmente di livello anche in termini qualitativi, ma prima che i benefici siano evidenti serve eliminare gli equivoci: non solo il posizionamento di Lozano, ma anche la continuità di Insigne, il momento “giù” di Milik e la ricerca di una fisionomia di riferimento.