Non è vero, ma ci credo. La scaramanzia nel calcio è una fedele compagna che calciatori, tecnici e presidenti preferiscono non tradire. Corna e cornetti, ferri di cavallo ed amuleti sono ormai oggetti sorpassati dalla prepotente avanzata delle grandi statistiche e dei corsi e ricorsi storici. Alla partenza per la Confederation Cup, Marcello Lippi aveva candidamente ammesso che, visti i precedenti, non si sarebbe strappato i capelli se l’Italia non avesse portato a casa il trofeo. Detto, fatto. Gli azzurri giocano male e non vedono nemmeno le semifinali. La storia si ripete al termine della sfida contro l’Irlanda, con un ct raggiante per aver strappato il pass valido per la rassegna iridata con un turno di anticipo, proprio come nel 1981 e nel 2005. Come se ciò non bastasse, nella serata di Pescara, arriva un’amichevole novembrina contro l’Olanda a stuzzicare curiosi ed ulteriori rimandi con un passato vincente. In queste situazioni verrebbe da dire che non c’è due senza tre, ma l’Italia smentisce l’antico adagio e perde l’occasione per ripercorrere quel cammino vincente traccato nella fase di preparazione ai mondiali tedeschi.
UN PARI SENZA EMOZIONI – Marcello Lippi prova a ripetere quel roboante 1-3 dell’Amsterdam ArenA e si affida ad un tridente “mascherato”, formato da Camoranesi, Gilardino e Palladino, ed alla tecnica sopraffina di Pirlo e Candreva in cabina di regia. Bert Van Marwijk, invece, deve fare a meno della qualità di Sneijder e schiera il classico modulo con Van Persie unica punta ed Elia, Van der Vaart e Kuyt a supporto. Nelle fasi iniziali del match, il traffico in mediana rende ancor più difficile la gestione del possesso palla e sul taccuino finiscono solo la pacifica invasione di campo che sponsorizza il ritorno di Cassano e l’infortunio di Van Persie. Dopo venti minuti di calma piatta, Kuyt sfiora il bersaglio grosso, Candreva ci prova dalla distanza e Palladino comincia a danzare sul pallone ed a prendere l’iniziativa. Due brutti interventi di De Jong scaldano gli animi in campo, mentre sugli spalti fanno capolino fischi e sbadigli. Al 40’, un sussulto di Palladino sugli sviluppi di un calcio d’angolo fa gridare al gol, ma l’esterno del Genoa non trova il giusto impatto con la sfera ed alza oltre la traversa. Al rientro dagli spogliatoi la musica non cambia: tanta aggressività in mezzo al campo, scarsa lucidità negli ultimi sedici metri e poche emozioni per i venticinquemila dell’Adriatico. Gilardino fatica a districarsi tra le maglie dei difensori avversari e Lippi decide di buttare nella mischia Rossi per dare maggior sostegno alla punta gigliata. Al 65’, una bella combinazione in velocità innescata dall’ispirato debutto di Candreva, mette Grosso nelle condizioni ideali per servire un goloso cross per i compagni, ma la botta di Camoranesi viene respinta dal muro orange. La replica è tutta nell’incornata alta di Heitinga, lasciato libero di staccare nel cuore dell’area. I due tecnici danno spazio alle seconde linee e anche Biondini fa il suo esordio in azzurro. Rossi vuole riscattare le ultime opache prestazioni con la Nazionale, mentre Pazzini cerca in tutti i modi di cancellare la fulminea ed ingiusta espulsione rimediata contro l’Irlanda con un grossolano fallo di mano che, solo per un attimo, trae in inganno la terna arbitrale. L’Olanda prova a pungere nel finale e l’Italia non si arrende, ma Stekelenburg e Buffon restano inoperosi. Passo in avanti per Van Marwijk che si gode un’inattesa solidità difensiva, mentre Lippi deve ancora costruire un'amalgama di gioco nel quale inserire tutti i tasselli del puzzle.